Il risveglio ? di nuovo nella stanza 409 del Champasak Palace… Quello che ? intercorso tra il tempio sulla montagna di Champasak ed il mio albergo a Pakse che ne porta lo stesso nome ? stato davvero un lungo e interminabile sogno.
Un sogno cos? reale che svegliandomi penso di essere ancora cullato dalle acque che spingono il Vat Phou Boat, invece ? solo il residuo delle ultime gocce d’acqua che scendono dal cielo dopo il monsone notturno. Lasciare il battello, il Mekong, per riguadagnare la terra ferma ? stato come un piccolo parto, forse era una sensazione ancestrale di quando si lascia l’utero materno, caldo e acquoso, per essere sputati fuori verso il mondo, con l’aria solida e rarefatta dal condizionatore.
Ma sulla terra ferma oggi ci aspetta la giungla, non il cemento, non il traffico n? il rumore, quello dura solo un’ora, il tempo di lasciare l’albergo, salire sul furgoncino degli amici di Green Discovery, l’altro tour operator che si occuper? dei prossimi 4 giorni di scoperte, e poi il tragitto fino all’altopiano di Bolaven.
Viaggiando abbiamo il tempo di conoscere Home e Ham, la coppia di guide pi? perfette che abbia mai conosciuto (a partire dai nomi), il primo tecnologico, inglese fluente, pagina Facebook aggiornatissima ed il secondo invece timido, con il sorriso silenzioso di un bimbo e le ciabatte infradito pronte a superare tutte le asperit? di una giungla come se fossero l’ultimissimo modello di scarpe da trekking.
Sul limitare del parco Stone Khelee Vongkot comincia il nostro trekking nella foresta. L’equipaggiamento ? di tutto rispetto, imbragature, corde, moschettoni, carrucole e caschetto sono al loro posto. L’unico dubbio lo fornisce un bastoncino di legno ricurvo che Katia guarda con sospetto e rispetto mentre Home continua a rassicurarla “…it’s the brake, it’s the brake…”. Dopo mezz’ora di passeggiata tra le coltivazioni del famosissimo caff? locale ci si addentra nella giungla.
Le coltivazioni spariscono ed incomincia il groviglio dei bamb? giganti, delle felci, la patria delle piante tropicali, del sottobosco in putrefazione e della terra che ? come una miniera, per? al posto delle pietre preziose c’? il trionfo della biodiversit?. Al sesto minuto di giungla, al massimo settimo, Home, che apre la fila, fa un salto da una parte all’altra del sentiero, ci blocca e dice “…uau…it’s a Cobra…!”. “Che culo!” gli rispondo io, “non ? che si poteva cominciare con una scimmia?”.
In realt? penso che abbiamo avuto una gran fortuna ad avere un faccia a faccia con un cobra perch? non ? poi cos? comune e, dopo aver rilassato i corpi un po’ paralizzati, mettersi ad osservarlo in azione, per i 5 minuti che ci concede prima di fuggire, ? davvero fantastico.
Il cammino ci porta verso una parete rocciosa a strapiombo sotto i nostri piedi. Dietro una parete nascosta alla nostra destra si sente il rumore di una cascata. Se vogliamo vederla c’? un modo. Se vogliamo andare avanti nel cammino c’? un modo. Se vogliamo arrivare all’accampamento prima della notte c’? un modo. E’ sempre lo stesso e ce lo annuncia Ham, spende tre delle 11 parole che dir? nei tre giorni totali di avventure: “…need a zip-line…”. Sulla sommit? dall’albero secolare che abbiamo affianco ? posizionata una piattaforma di legno. Attaccato al tronco c’? un grosso cavo d’acciaio che si tende verso il vuoto, nella foschia umida della giungla, proprio sopra la chioma di tutti gli alberi che si arrampicano dal vuoto sottostante verso la sommit? della parete. E’ verso quel nulla che ci si lancia, la nostra prima zip-line, il primo salto nel vuoto attaccati ad una carrucola appesa ad un cavo.
La sensazione ? di leggerezza, pi? che di volare mi sembra di nuotare nell’aria ed infatti mi ritrovo a cantare le note dei Marlene Kuntz. Il primo lancio ? certo un brivido, una fiammata, dura pochi secondi, almeno cos? mi sembra, quello che scorre sotto gli occhi e direi anche sotto i miei piedi ? proprio il mondo, l’universo e la natura messi insieme.
Alberi alti sessanta metri sotto i miei piedi, una cascata al mio fianco che mi sembra di poter sfiorare ed un fiumiciattolo laggi? in basso che pochi minuti prima sembrava un toro infuriato. Si mettono i piedi sulla piattaforma dall’altra parte e si ritrova la gravit?.
L’adrenalina ? sempre in circolo, non bisogna lasciarla riassorbire ed allora di nuovo, un altro cavo che riparte dietro un’altra parete nascosta, altra cascata, altri alberi che scorrono sotto e di lato. Cos? fino a sera, fino a ridiscendere tutto il pendio, fino a notte, fino all’ultimo cavo che ci porta diretti dentro casa.
Day 1 – Day 2 – Day 3 – Day 4 – Day 5 – Day 6 – Day 7
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