Rannalhi – Ululhe – Male’ – Guraidhoo – Rannalhi… ” … a voyage could be only three days long , but talk about all life …”
Ecco finalmente il gran giorno ? giunto. E’ un mese che progetto, calcolo e finalmente finalizzo aggiustando tutti i pezzi del mosaico. Tutti “i miei 25 lettori” (parafrasando il Manzoni) si staranno chiedendo cosa; ebbene sto parlando di un viaggio, una piccola gita: si perch? oggi assaporer? l’oceano con il suo blu e la sua onda lunga che mi affascina non poco, ma soprattutto cerchero’ di fare questo viaggio usando solo i trasporti locali cercando un rispettoso approccio a questo paese, le Maldive. La via ? tortuosa perch? dall’isola in cui mi trovo, Rannalhi, non ci sono escursioni in oceano, e allora come fare…
Antefatto – Male un mese fa
Passeggiando per i mercati che si fondono, confondono e travestono da Suk e da Casbe arabeggianti, noto un dimesso Dhoni (la barca tipica dei maldiviani) con la scritta Guraidhoo Ferry. Incuriosito mi incammino e chiedo spiegazioni al capitano. In un inglese stentato mi dice che questo ? un trasporto via oceano per Guraidhoo, 3 ore di navigazione in oceano aperto, all’esterno dell’atollo. Subito prende corpo un’idea malsana ma intrigante, perch? non farlo, ma come tornare indietro da Guraidhoo? Come arrivare qui nel giorno di partenza? I problemi sono molteplici, trovare 4 trasporti in coincidenza giornaliera, quasi un miracolo, ma non dispero. Mi informo subito sugli orari e sui giorni: il trasporto viene effettuato tutti i giorni eccetto il venerd? (la domenica per gli islamici) e parte alle 13 per arrivare a Guraidhoo alle 16. Mi illumino come una lampadina alla sera perch? mi viene incontro l’ufficio assistenza che organizza il luned? un’escursione a Guraidhoo con ritorno previsto alle ore 17. Perfetto penso, met? del viaggio ? assicurato e per la prima met??. Studio a tavolino tutti i transfer del luned? settimana per settimana finch? individuo quello che fa al caso mio: il 26/03 c’? una barca veloce diretta all’aeroporto alle 9 e da l? un servizio navetta (ovviamente in barca) che mi porta a Mal? alle 11. Eureka! Il gioco ? fatto!
Prologo – Preparo l’occorrente la sera prima; mi sembra di essere un diligente scolaretto che sotto i consigli della nonna prepara la cartella per la scuola. Prendo due macchine fotografiche che non si sa mai, lettore mp3, occorrente per scrivere, il tutto nella mia sacca marrone, fida compagna di strampalate avventure…
Aeroporto – La sveglia trilla, ma io sto gia’ fissando il soffitto da almeno mezz’ora, tanta e’ l’emozione da primo appuntamento che mi coglie. Raccolgo il tutto ed eccomi pronto a partire. La barca e’ in orario perfetto, dopo un tragitto di circa 50 minuti sono all’aeroporto di Ululhe mia prima tappa. Questo posto sembra piu’ simile ad una stazione di treni, manca quella sensazione di asetticita’ che si vede spesso negli aeroporti. Ma questo brulica e odora di umanita’, sensazioni tipiche delle stazioni.
Male’ – Cerco il mio transfer ed eccolo avvistato. Da questo momento in avanti tutti i trasporti navali saranno solo ed esclusivamente a bordo dei Dhoni [praticamente passero’ meta’ della mia giornata a bordo di una barca], come fanno i locali quando vogliono spostarsi. Il transfer e’ abbastanza rapido e in circa 20 minuti sono alla capitale delle Maldive: Male’.. Appena giunto mi dirigo verso una paninoteca e per la modica cifra di 15 rufie (1 euro) acquisto un panino al tonno, capperi e olive e una bottiglia di acqua freschissima. Passeggio in mezzo ad un crogiolo di moderno e tradizione, un futuro antico in cui si fondono palazzi di vetro di 12 piani e moschee create solo in corallo. Il contrasto e’ stridente e affascinante e mi accompagna in questo una vecchia canzone [Phil Collins – Just another story] che mi rimanda indietro a quando facevo il tragitto ostello – palasport a Torino in occasione di un non precisato itinerari fantastici. Il caldo e’ torrido ma l’arrivo alla zona vecchia mi dona il sorriso, ovvero alla zona dei mercati. Le urla dei commercianti che cercano di attirare i clienti mi accolgono in mezzo ad odori e colori forti, il rosso vivo dei peperoni, il verde delle banane, i cocchi. Ma anche tonni, marlin, barracuda che esposti alla pesatura attendono solo di essere acquistati. I commercianti sono affabili, assaggio questi odori forti che penetrano nelle narici quasi stordendo. Passeggio ed eccomi giunto alle grandi moschee, La grande moschea bianca dedicata a Tukurufano alta, moderna e monumentale e nei pressi, ecco la piccola moschea in corallo, simbolo di una tradizione antica che non si allontana dall’isola. Ultima tappa prima di pranzo il gran giardino del sultano, con il suo orto botanico e il museo nazionale, tappe di rito ma non molto interessanti. Il pranzo mi coglie di fronte ad un dubbio amletico, entrare in una pizzeria o provare una tavola calda? L’odore della seconda mi attira e affascina ed eccomi in coda tra scaricatori di pesce, agricoltori, e semplici studenti ad attendere il mio turno in coda. Tutti ridono alla mia vista soprattutto alle facce che faccio di fronte ai piatti piccanti, ma il gestore del “ristorante” mi indica il piatto locale, il “massuni” una sorta di tritato di riso, tonno e cocco, con alcune erbe aromatiche. Una tale delizia che ne prendo 2 piatti; il pranzo e’ un momento splendido, i locali mi fanno domande e io ricambio e si parla di pesca, uno offre da bere succo di cocco [qui sono tutti musulmani, niente alcolici] per la nascita di suo figlio. Un’immensa famiglia che ride e racconta la sua vita. All’uscita vengo rapito da un’insegna: “GELATO ITALIANO”. La tentazione e’ forte e di fronte alla foto del banana split cedo. Entro, ne ordino uno e per finire un bel cappuccino. Non avrei mai pensato che a 8000 km da casa avrei bevuto un cappuccino fatto come si deve. Ore 12:15, un canto si leva dai minareti e un cameriere mi chiede gentilmente di uscire che sta per cominciare la preghiera. Esco immediatamente, scusandomi anche per la mia dimenticanza. Comincia la preghiera e quel brulicare di vita, ingarbugliata, quasi soffocante di colpo cessa e lascia spazio a strade vuote e deserte. Mi dirigo ad un bagno pubblico per i miei bisogni e attendo infine la partenza del mio trasporto per Guraidhoo…
Oceano – La banchina del porto e’ sempre un luogo un po’ magico per me, che da buon veneziano sono innamorato delle citta’ portuali, figuratevi delle isole. Il Dhoni sembra uscito da una vecchia rimessa, tutto rattoppato, mi sento come un novello pioniere che sta esplorando un continente sconosciuto, un novello Livingstone che vede per la prima volta l’Africa. Appena arrivo vedo alcune persone che contrattano per il prezzo; la cultura araba ha portato ovviamente l’arte del mercanteggiare di cui io sono un pessimo esponente. So che accettare subito senza contrattare significa scontentare e allora cerco di fare del mio meglio, ed in inglese devo dire che mi riesce particolarmente. Sia ben chiaro non lo faccio per i soldi, pagare 25 [1,5 euro] rufie invece che 40 [2,5] non e’ che mi cambia, lo faccio per lo spirito; comincia la battaglia e alla fine spunto un buon passaggio per 25 rufie, a cui arrivo promettendo una mano allo scarico delle merci. Il capitano accetta e mi fa salire, sono tra gli ultimi e non ci sono posti per me, nemmeno per terra, dato che la barca trasporta anche merci oltre che alle persone e allora come fare. Il caso ha voluto che tra i passeggeri ci fosse uno dei ragazzi che lavora alla mia stessa isola; lo riconosco perche’ sento chiamare “Digufins!” [pinne lunghe] e allora dopo i saluti lui mi dice di stare tranquillo che un posto lo si trova. Gli credo, e poco dopo la partenza mi chiama sul tetto della barca. Li viene approntata una tenda improvvisata e delle stuoie vengono stese. Sono ora in mezzo all’oceano Indiano che navigo alla volta di Guraighoo, in balia di un’onda lunga prepotente che ci sballotta e fa scricchiolare tutto il legno. Nessuno urla di paura anche quando sembra che stiamo per rovesciarci, tutti sono tranquilli e tutti sorridono. Come Magellano fisso l’orizzonte dove una striscia bianca fa infrangere delle onde, e’ il limite dell’atollo che stiamo circumnavigando, il contrasto e’ potente, una zona di un blu profondo di profondita’ chilometrica che stride con il tenue azzurro del cielo: una divisione netta per noi che viviamo qui ora, tra cielo e mare mentre stuoie vengono stese e noi novelli beduini ci riposiamo in questo acquoso deserto. Ammassati sia sopra che sotto: sotto assieme ad ogni tipo di merce i cui odori salgono attraverso il legno: frutta, verdura, legname, sacchi di cemento, aste di metallo. E noi qui sopra a ritagliarsi un drappo d’ombra con cordiale cavalleria, non spingendosi ma accostandoci piedi, mani, teste in un groviglio di familiarita’ involontario che mi da un senso di forte appartenenza al gruppo. Si perche’ essi non mi hanno detto di restare sotto, ma mi hanno fatto salire, mi hanno invitato sopra con gli anziani, per condividere le stuoie mentre gl altri stranieri nemmeno vengono considerati. Io ho un nome con cui un vecchio dai vestiti logori, ma dal cellulare ultimo modello, mi chiama in continuazione ridendo con la sua bocca sdentata raggrinzendo un viso che gli da un’eta’ indefinibile; io ho un’identita’ mentre gli altri stranieri indiani, cingalesi, bengalesi che sono qui non hanno e mi sento un privilegiato. Poco dopo la stanchezza si fa sentire e il cullare delle onde mi fa presto cadere tra le braccia di Morfeo…
Guraidhoo – Eccoci giunti alla meta; vengo risvegliato dalle parole dei passeggeri che mi indicano la meta. Dopo l’attracco mi preparo a scaricare ed ecco giungere da tutto il villaggio persone per aiutare; tutto viene scaricato secondo un preciso ordine. Prima i cibi, poi il legname, ed infine i sacchi di calce. Dopo una buona mezz’ora sono esausto e assetatissimo. Il mio amico [che e’ mio fratello oramai] mi prende per un braccio e mi porta a casa sua; e li mi aspetto acqua fresca o succo di cocco ghiacciato, ma ecco che invece arriva del the alla menta caldo e zuccheratissimo come gli arabi insegnano. Dopo due sorsate mi sento a posto, la sete e’ sparita e la fame che cominciava a pungolare il mio stomaco viene sopita da un dolce al cocco. La giornata oramai volge al termine, ma prima mi aspetta un ultimo viaggio…
Rannalhi – Siamo sulla via del tramonto, figurato e reale; il dhoni viaggia verso l’ultima tappa che e’ dritta verso ovest, verso il sole rosso dell’oceano indiano che sta scendendo lentamente. Il mare adesso sembra uno specchio e la fortuna mi sorride facendomi incontrare dei delfini che giocano con le onde create dalla prua. Quando stiamo per attraccare vedo il rosso disco del sole scendere oltre l’orizzonte, sembra quasi che faccia fatica, che strida su scogli lontani perdendo scintille tutto attorno. La luna strizza il suo occhio biancastro su di noi mentre il grande astro che cade dietro l’orizzonte ci inonda con una cascata di stelle…